Per suicidio (dal latino suicidium “uccisione di se stessi”) si intende l’atto con il quale un individuo si procura volontariamente e consapevolmente la morte. I fattori che contribuiscono al fenomeno del suicidio possono essere sia di natura individuale che sociale e l’atto suicidario può essere considerato spesso come il frutto di una multicausalità. Pertanto, il rischio di suicidio è prevedibile in relazione all’analisi di variabili soggettive e contestuali, ma il comportamento suicidario in sé non è prevedibile. I fattori che interagiscono nel determinare il suicidio possono essere molteplici e di varia natura; similmente le motivazione alla base del comportamento suicidario possono essere diverse.
In generale, la letteratura ha evidenziato che la sofferenza psicologica può condurre alla valutazione della morte come fattore positivo, come soluzione alla situazione problematica e dolorosa. Il suicidio è interpretato come unica soluzione e via di fuga.
Questo processo cognitivo che infine conduce al comportamento suicidario passa per diverse fasi:
- Valutazione degli aspetti positivi e negativi del suicidio (pro e contro della scelta finale e ambivalenza tra sentimenti oppostiàambivalenza tra vita e morte);
- Il suicidio si configura come un’opzione valida e prevale l’intenzione di suicidarsi (la disforia e il sentimento di disperazioneà hopelessness);
- Decisione di suicidarsi;
- Comportamento suicidario à 1) prevale il pensiero di morte e la persona compie l’atto suicidario 2) prevale l’stinto di sopravvivenza e il soggetto non compie l’atto (ripensamento all’ultimo momento).
SHNEIDMAN: afferma che l’origine del suicidio è rintracciabile nell’intenso dolore psicologico (vergogna, colpa, rabbia, solitudine, disperazione, ecc.) derivante dalla frustrazione e negazione dei bisogni psicologici frustrati e negati. La frustrazione dei bisogni psicologici (amore, affiliazione, accettazione, autonomia) determina costrizione e dolore psicologico, tali da rappresentare una condizione insopportabile per cui il suicidio è visto come l’unica soluzione. Il suicidio è meglio comprensibile se considerato, non come desiderio di morte, ma come allontanamento da emozioni intollerabili, dolore insopportabile o angoscia inaccettabile attraverso la completa cessazione del proprio stato di coscienza. Shneidman definisce il suicidio come “un atto conscio di auto-annientamento dovuto ad uno stato di malessere generalizzato in un individuo bisognoso che alle prese con un problema, considera il suicidio come la migliore soluzione”.
DURKHEIM: nel suo studio sociologico sottolineò che la mancanza d’integrazione degli individui nella società rappresenta una delle cause fondamentali del suicidio che assume le caratteristiche di un fenomeno non solo individuale ma anche sociale. Secondo la teoria di DurkHeim, seppur alcuni individui siano maggiormente predisposti per le loro caratteristiche soggettive al suicidio, le cause sono rintracciabili negli aspetti sociali (ambienti, gruppi, istituzioni) con i quali la persona interagisce.
L’autore distingue 4 forme di suicidio:
- SUICIDIO EGOISTICO: (l’individuo è estraneo alla società) risultato di una mancata integrazione sociale che determina eccesso di individualismo e crisi personale. La persona non si sente parte della comunità, percepisce una discrepanza tra i propri desideri e la loro possibilità di realizzazione nella società.
- SUICIDIO ALTRUISTICO: (l’individuo s’identifica con la società) espressione di forte coesione e appartenenza sociale, l’individualismo è annullato; l’individuo sacrifica la propria vita per il gruppo, in virtù del senso d’onore e lo spirito di corpo.
- SUICIDIO ANOMICO: (società assente) risultato della mancanza di riferimenti sociali, valori e norme condivise causano disorientamento, delusione e frustrazione sociale (aumentare nei periodi di crisi economica o di strema prosperità). La società non assolve alla sua funzione di guida (disciplinante) verso l’individuo che manifesta disagio poiché privato di un contenimento sociale.
- SUICIDIO FATALISTICO: (società pressante) risultato di una eccessiva pressione delle regole e dei valori sociali sull’individuo che sentendosi gravemente limitato nella libertà personale e schiacciato dalla disciplina oppressiva, preferisce togliersi la vita.
La letteratura ha evidenziato la frequenza del suicidio nelle istituzioni caratterizzate da un elevato grado di controllo sul personale e bassa autonomia e libertà personale (es. istituzioni totali, istituzioni militari, polizia). Il contesto lavorativo delle Forze dell’Ordine presenta delle caratteristiche che possono predisporre allo sviluppo di una crisi personale. Questi fattori riguardano principalmente:
- Contatto continuo con crimini, violenza, morte, sofferenza
- Struttura gerarchica piramidale (come ad esempio nelle Forze dell’Ordine)
Le attività svolte da coloro che operano nelle Forze dell’Ordine prevedono spesso interventi professionali in situazioni drammatiche ad alto impatto emotivo che a lungo termine conducono a stress e logoramento emozionale (burnout). All’interno di tale contesto operativo, la consapevolezza di non poter realizzare le aspettative / obiettivi personali iniziali porta a e dovervi rinunciare, generando un senso di frustrazione e fallimento che sfociano nella crisi personale. L’interazione tra aspetti problematici della vita personale e situazioni lavorative ad alto coinvolgimento emotivo può innescare un processo che conduce all’ideazione suicidaria. Le fasi che conducono allo sviluppo di un’ideazione suicidaria sono:
1) FASE STRESS LAVORATIVO INIZIALE: percezione di una sproporzione tra le risorse personali e le richieste ambientali e lavorative.
2) FASE DELLO STRESS CRNICO: eccessiva attivazione emotiva, fatica mentale, irritabilità.
3) FASE DELLA CRISI PERSONALE: distacco emotivo, cinismo, pensiero rigido, ritiro dalle relazioni sociali.
Gli studi evidenziano che l’aumento del rischio di suicidio per gli operatori delle Forze dell’Ordine derivi da alcuni fattori strutturali dell’ambiente lavorativo:
- prevalenza del genere maschile
- possesso dell’arma da fuoco
- esposizione situazioni traumatiche
- sottocultura (spirito di corpo, riservatezza, omertà, sospettosità, repressione emozioni)
In Italia sono scarsi i dati ufficiali relativi al tasso di suicidio tra gli operatori delle Forze dell’Ordine,tuttavia, Mantineo e Cuomo hanno rilevato 77 casi di suicidio tra il 1995 e il 2001, di questi solo 7 erano stati segnalati precedentemente per problematiche psichiatriche, l’età media dei soggetti è di circa 43 anni. Nel 90% dei casi il gesto è stato compiuto con arma da fuoco. La ricerca ha evidenziato che i soggetti non avevano manifestato problematiche lavorative ma prevalentemente di tipo emotivo – affettivo e risposte impulsive, legate a delusioni sentimentali, lutti, malattie, senso di solitudine per allontanamento dall’ambiente abituale.